A postcard from the kitchen
Ago 30th, 2010 by Uvetta
Il tempo in vacanza trascorre in modo completamente diverso. Arrivi e dopo un giorno ti sembra di essere arrivato da una settimana; a metà vacanze se ripensi al momento dell’arrivo ti sembra sia passato un secolo e che i giorni che ancora devono venire siano tantissimi; ora manca poco al rientro e ci sono cose per il viaggio che inevitabilmente bisogna rivedere o organizzare; è il momento in cui ti rendi conto che, quando sarai partito per il ritorno tutta la vacanza ti sembrerà passata in un battibaleno, e ogni cosa si tramuterà in un semplice bel ricordo. Questo mare bellissimo ad esempio, quello della foto quà sopra, è quello di Cala Brandinchi, vicino a Coda Cavallo. Una roba davvero spettacolare, l’unico posto al mondo credo, che nonostante la spiaggia organizzata e l’affollamento di fine agosto, resta capace di trasmettere un senso di pace e di libertà senza pari. Se vi capita andateci, la spesa del parcheggio val bene la meraviglia del tutt’intorno di acqua trasparente e sole.
A proposito di sole, ci sarebbe da dire che chi come me soffre di eritema, ha ad ogni minuto del giorno la possibilità di rovinarsi la vacanza. Infatti quelle chiazze bastarde, se escono non c’è niente da fare, pungono, prudono e bruciano come nient’altro e rendono insopportabile una semplice giornata calda o una chiacchierata sul lungomare. Impossibile stare in spiaggia e in qualsiasi luogo assolato, insomma mezzo disastro. Io da bambina ne soffrivo molto e nessuno sapeva farci niente; ho pianto tanto per l’eritema solare, per tante estati e in molti litorali. Ora credo fermamente che la qualità delle creme sia migliorata, e spendo più in solari che in voli aerei, piglio gli integratori per bocca, tengo orari di esposizione al sole da bambino in fasce, sto molto tempo a casa, all’ombra totale della nanna del pomeriggio, obbligo le persone a camminare con me sul marciapiede lato ombra, e devo ammettere di riuscire a contenere abbastanza bene la mia situazione pelle, riuscendo perfino non dico ad abbronzarmi ma a prendere un bel colorito salutare, non uniforme ma gradevole. Resta il fatto che mi piacerebbe risolvere questo fastidio definitivamente, forse se potessi cancellarne il ricordo dell’infanzia, il mio cervello adesso non lo farebbe più spuntare fuori… forse se non dovessi preoccuparmene ogni volta che vedo il mare allora il problema semplicemente non esisterebbe e io mi abbronzerei e basta. La bella scoperta di quest’anno è un benedetto flaconcino spray di acqua termale della Avéne, lenitivo e rinfrescante superiore a qualsiasi doposole. Fantastico, credetemi, ormai ne sono addicted.
Il residence dove siamo offre una discreta casetta con un bel patio all’aperto e la cucina abbastanza attrezzata. Mi ero portata da casa alcune cose che immaginavo di non trovare, come una teglia da forno, il cavatappi, la grattugia, ma l’anno prossimo mi devo prendere per forza come minimo un frullatore e qualche tupperware in più. Al negozietto qui vicino vendono frutta e verdure spettacolari perciò non si contano le insalate, i meloni, le pesche che stiamo consumando, ma nelle ore buche di ombra totale, mi sono occupata anche di dare dignità a questo forno dell’angolo cottura, nuovo ma davvero pietoso, e a profumare di colazione la mezzanotte di mezzo villaggio.
Preparare le brioche era una di quelle piccolezze che volevo concedermi proprio in vacanza. Le ricordavo piuttosto laboriose o improbabili da fare con Beatrice che gira per casa. In effetti non ci ho messo poi così tanto, (o forse al papà sarà sembrato tanto?) e il risultato seppur non impeccabile mi ha soddisfatta. Beatrice non le mangia… ma a parte questo non trascurabile dato di fatto (ammore di mamma, mangiati ’sta brioschina, cuore mio :) anche le dosi a occhio hanno funzionato. Vorrei dire comunque cho ho adorato fare colazione con i savoiardi sardi di Galtellì, che spettacolo di biscotti! prima o poi…
Brioche col tuppo
Ingredienti (dosi approssimative per 9 brioche)
350 gr di farina 00
una quarantina di zollette di zucchero sciolte in mezzo bicchiere di latte intero
1 uovo
50 gr di burro
Mezza bustina di lievito di birra secco (da attivare con poca acqua, una zolletta di zucchero e un cucchiaino di farina)
In una terrina impastare la farina con l’uovo, unire il latte con lo zucchero, il burro fuso, il lievito riattivato da almeno un quarto d’ora. Impastare con voglia di farlo, fino ad ottenere una pasta elastica, omogenea e profumata. Mettere a lievitare per almeno un’ora al calduccio e lontano da correnti d’aria (ad esempio il vento della costa sarda non è indicato). Una volta raddoppiato il volume, dividere l’impasto in varie palline, posizionarvi sopra un’ altra pallina più piccola (il tuppo), coprire col canovaccio e lasciar crescere per circa due ore, quasi tre. Intanto cenate con la famiglia, poi mettete a nanna la piccola, poi lavate i piatti che qua la lavastoviglie non c’è, poi accendete il forno a 180 gradi; bagnate la superficie delle briosche con poco latte e spolverate con un po’ di zucchero. Infornate e fate cuocere un quarto d’ora, o finchè il colore e il profumo non vi convinceranno che son pronte. Durissima aspettare l’ora di colazione :)
La focaccia quà sotto invece l’ho fatta con l’altra metà della bustina di lievito. Beatrice non l’ha mangiata, credo per via del troppo origano (mento a me stessa forse? :) però ha quasi imparato a dire ‘focaccia’ (noi che siamo i genitori capiamo che vuol dire ‘focaccia’ :)
Focaccia (veloce) coi pomodori pachino
Ingredienti
350 gr circa di semola di grano duro rimacinata
mezza bustina di lievito di birra secco riattivato
olio extra vergine di oliva Sardegna dop
acqua q.b.
2 cucchiaini di sale fino
pomodori pachino finchè ce ne stanno
origano
Impastare, far lievitare, stendere nella teglia ben unta, far lievitare ancora. Tagliare i pachini a metà e farli sprofondare nell’impasto. Salare, condire, infornare per dieci minuti e cenare con birra Ichnusa.
La miglior cosa che ho preparato ad ogni modo resta questa torta di pane, o finta lasagna, o zuppa che non saprei definire. Beatrice nel vederla in forno l’ha chiamata insistentemente ‘pizza’, e noi a dirle brava! che sembra proprio una pizza ma invece non è una pizza… adesso non ricordo ma mi pare che l’abbia assaggiata e poi sputata :)
Mi ricordavo di aver mangiato a Oliena un pane guttiau con l’uovo e il pomodoro, buonissimo. Mi ricordavo (ma non precisamente) di una recentissima ricetta del Pasto Nudo con melanzane e pane carasau, e soprattutto avevo in testa una mezza idea di come fare la zuppa gallurese (mangiata buonissima al ristorante Da Paolo a Olbia) col pane a strati, il brodo, il pecorino (ecco, con la ricetta non c’entra per niente, vedete qui). Insomma ho comprato questo pane guttiau con entusiasmo ma poi stava lì e nessuno si degnava di sgranocchiarlo.
Torta di pane (guttiau)
Ingredienti
6 fogli di pane guttiau dm 26 cm circa
1 melanzana grande
1 latta di polpa di pomodori della sardegna a cubetti da 400 gr
olio extra vergine per friggere e per condire
parmigiano grattugiato
Affettare e friggere la melanzana in abbondante olio extra vergine. Salare leggermente, grattugiare il parmigiano reggiano (un bel piattino). Sporcare d’olio il fondo della teglia e sistemarvi tre fogli di pane guttiau in maniera concentrica, rivestendo tutta la teglia e lasciando che si accavallino tra loro. Cospargere di polpa di pomodoro, uno strato di melanzane, spolverare con abbondante parmigiano, procedere con un altro strato di pane, pomodoro, melanzane e parmigiano… la mia teglia era bassa e mi sono fermata qui, ma volendo si può continuare con gli strati (all’infinito… :). Condire con un giro d’olio e sale, accendere il forno e infornare per una decina di minuti, il tempo che il pomodoro inzuppi il pane e il formaggio si sciolga e la torta magica è pronta. Buona, buona, buona.
Insomma, i giorni sono corsi uno dietro l’altro, tra la spiaggia bellissima e liberissima, dove Beatrice ha giocato con Nicolò, Riccardo, Vittoria, Mirko, Adriana, Emma, Ludovica, Omar, Lucrezia, Rachele, Stella e non so quanti altri bambini piccoli, fino a farsi venire un bel febbrone a quaranta, però torniamo a casa con due molari in più (per questo non mangiava, che vi credevate? :) . Noi tra malloreddus e fregola alle vongole, e un filetto di cernia al forno abbiamo fatto le parole crociate, gonfiato canottini, fatto ottomila formine di sabbia, giocato con granchietti di mare e con le onde più piccole che io abbia mai visto. Ancora non ci credo ma ho letto anche mezzo romanzo -Acciaio- e se mi impegno bene potrei riuscire a finirlo. Torno a casa piena di buoni propositi e con la mente più sgombra. Con i ricordi, le foto e tanto, rinnovato, amore.
Mamma che carrellata di foto e ricette stupende!
non saprei da dove cominciare… direi che vista l’ora mi papperei una bella brioche…. poi la superfocaccia a spuntino…il pane guttiau a pranzo!!!
bravissima davvero!
Acqua termale Avene x una allergica al nickel e con lieve eritema sl mare.. Scoperta 3 anni fa, non manca mai nei viaggi!!
Domani invece mi sa che sperimento kd brioche!!! Vista l’ora me ne mangerei una adesso ;-)
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