L’infanzia, la pietanziera e la mozzarella al forno
Ott 4th, 2008 by Uvetta
oggetto del desiderio
In prima elementare andavo a scuola dalle suore. Era la stessa scuola in cui andava mia sorella e dove entrambe avevamo fatto anche l’asilo, per cui l’ambiente mi era familiare, anche se i lunghi corridoi e le scalinate tortuose, i doppi passaggi da una parte o dall’altra dei grandi edifici mi intimorivano e disorientavano non poco. C’erano diversi cortili e un grande terrazzo per la ricreazione, c’era anche la chiesa e un piccolo labirinto di stradine coi muri alti per arrivarci, e c’era il refettorio gigantesco con due file di pilastri in mezzo, i tavoli lunghi di fòrmica verde chiaro e le sedie di ferro; e un odore sempre uguale di cucina, quel misto indefinito di verdura bollita e avanzi e detergenti, affollato di bambini chiassosi governati a stento da tante suore severe ma pazienti.
La mattina uscivamo di casa presto, Torino era grigia e popolare, con le vie trafficate e i tram pieni zeppi, il cappotto e la sciarpa di lana, il berretto calcato sulla testa e la nuvola bianca di fiato che usciva dalla bocca come fumo. La prima tappa la facevamo dal fornaio dall’altra parte della strada, dove mamma ci comprava un bocconcino fresco per il pranzo e un pezzo di ’pizza bianca’ per la merenda delle quattro. Finivano in un angolo della cartella, insieme ai quaderni e al sussidiario, dove c’erano già la pietanziera piena e un mandarino. Poi ci incamminavamo sui marciapiedi larghi, un po’ di fretta a passo svelto e sempre per mano, in dieci minuti si arrivava a scuola e la mamma lasciandoci con un bacio sul portone e scappando al lavoro, ci raccomandava di fare le brave e di mangiare tutto. Lei si era alzata chissà quante ore prima per cucinare. Molti bambini a scuola prendevano il pranzo completo, ma noi facevamo parte della folta schiera di quelli che, per risparmiare sulla retta, prendevano solo la pastasciutta e si portavano il resto da casa. Prima di andare in classe c’era nell’atrio al piano terra un cestone di plastica in cui si lasciava la pietanziera; le suore le raccoglievano e le portavano via, e noi le ritrovavamo nel refettorio sigillate, riscaldate e ridistribuite all’ora di pranzo. Ricordo la pasta molle col sugo, tutt’altro che invitante, e altrettanto bene ricordo la rassicurante apertura della pietanziera ancora tiepida, da cui indifferentemente dal contenuto usciva sempre il conforto di un profumo di casa, sotto forma di pollo e carote, o di spezzatino e patate, o di fettina di vitello con gli spinaci. Niente era più buono di quel momento intimo e personale, una frazione di secondo in cui d’improvviso casa mia riempiva quello spazio troppo grande intorno a me, e le mie narici di bimba malinconica. Cancellava il chiasso dei bambini tutt’intorno, i bicchieri dell’acqua rovesciati, le briciole di pane dappertutto, le bucce degli agrumi spruzzate per gioco negli occhi.
oggetto dei ricordi
Qualche volta, per la fretta o semplicemente per variare, nella pietanziera la mamma ci metteva una mozzarella col pomodoro a pezzetti e ci diceva per la strada (almeno dieci volte) di non metterla a riscaldare ‘che c’è il formaggio oggi’. Ma la forza dell’abitudine era troppa e regolarmente la mia testa tra le nuvole entrando a scuola apriva la cartella e depositava la pietanziera nel cestone, con l’inevitabile risultato di dar vita ad un incidente gommosino, pasticcio filante ma commestibile che mai fino ad oggi avrei pensato di rimangiare, e invece -potere del foodblogging che me ne ha fatto ricordare- lo rifaccio, lo rielaboro, lo rimangio, lo pubblico pure e ci partecipo al concorso del Cavoletto. Mai nobilitazione della cucina povera fu più ampia di così :-) Rivista e corretta alla bell’e meglio eco qua la mia caprese al forno dell’infanzia.
soggetto della rivisitazione
Cestini di brisè con caprese al forno
Ingredienti (per 6 cestini)
200 gr farina 00
100 gr di burro
1 tuorlo d’uovo
1 presa di sale
3 mozzarelle da 125 gr
1 o 2 pomodori maturi grandi
sale e olio extra vergine a crudo
origano (o basilico) a piacere
Lavare e tagliare i pomodori a fette, salarli e lasciarli a scolare su una graticola. Impastare una brisè con la farina, il burro morbido, il tuorlo e il sale. Quando sarà omogenea formare una palla e metterla a riposare in frigo una buona mezz’ora. Intanto accendere il forno a 180°, tagliare la mozzarella e i pomodori a pezzettoni e tenere da parte. Stendere sottilmente la brisè col mattarello e tagliarla a cerchi di circa 12 cm. Con i cerchi di pasta appoggiati su carta da forno, foderare delle ciotoline da forno monoporzione (o stampi da muffin)riempirle con abbondante mozzarella e pezzi di pomodoro e infornare per circa venti minuti. Sfornare, lasciar intiepidire, sformare e servire ancora calde condite con sale ed extra vergine a crudo e una manciata di origano. L’effetto sbricioloso della brisè con quello filante della mozzarella fanno un bel gioco divertente, che si può anche mangiare con le mani, a prova di bimbo.
ecco, lo sapevo chi vincerà…ma come fai a raccontare storie così belle? scrivere un libro per bambini? secondo me sarebbe un successone.
è vero, l’odore del refettorio delle suore, quello :)
Incantevole come sempre, Uvetta regina dei racconti! E con emozione ti auguro la buona notte con il promumo dei pomodori, dell’origano e della mozzarella filante!
il sapore della scuola.
che meraviglia.
sai, non so perchè ma ho avuto pareccie riserve a partecipare, pensavo che questi non fosse bello sbattere in prima pagina dei pezzi così importanti del nostro cuore.
leggendo i racconti ora so che non è così.
Sono rimasta incantata a leggerti… e la rivisitazione è davvero invitante, grazie!
come hai scritto bene il racconto. Folto di dettagli. mi hai fatto ricordare del mio asilo, delle suore, del refettorio e del panierino che mi preparava la mamma. Anche dello spruzzo delle bucce di mandarino..Ricordo che a volte in quel piatto ci trovavo il fegato di vitello che puntualmente nn mangiavo. Mi lasciavano da sola in refettorio per punizione vietandomi d’andare a giocare. Un bel giorno poi mi son detta..mh qui bisogna trovare una soluzione, e cosi’ ho imparato a masticare quella roba e a nasconderla poi negli interstizi dei balconi..Yoohoo i giochini mi aspettavano…
La tua caprese al forno c’est genial!
Che bella questa storia di vita, adoro ascoltare e leggere queste cose!
Buona giornata
Saretta :)
Brava.
Ema
Sarà che anche io ho fatto le elementari dalle suore, mi hai risvegliato tantissimi ricordi! Che bel racconto e che buon finale!
Ora vado a sbirciare di che concorso si tratta :-)
Ciaooo,
Aiuolik
Un bellissimo e tenero racconto. Un in bocca al lupo ci sta tutto ;-)
Che bei ricordi…
Un bacio Uvetta!
uvetta m’è piaciuto molto il tuo racconto, ti sei ricollegata a certi stati d’animo forse seppelliti ma non scomparsi e per contagio chi legge ripensa ai suoi di vissuti, questa delle suore è un classico, siccome eravamo nella realtà cattolica ma pure perché la sfera dell’insegnamento era presa ed occupata degli istituti cattolici ed a loro modo hanno fatto “famiglia” o almeno hanno costituito un bagaglio di ricordi di sapore intimo-familiare. Anch’io certo, dalle suore, a Francavilla a Mare, la scuola stava in collina e dominava, sotto, il mare e la statale Adriatica. Il refettorio, il riso al burro il giovedì mi piaceva da matti perché noi il burro non si praticava ma quelle suore, francescane, erano del nord. Si erano cimentate una volta nel fare una sorta di nutella però le nocciole le avevano tostate troppo e sapevano di bruciato e davano un sapore decisamente alterato però siccome tutte noi lo avevamo pagato quel benedetto barattolo ci è toccato di fare merenda col bruciaticcio per un sacco di tempo! Grazie che hai fatto riafforare questo vecchio ricordo degli anni 60′!
ps. ho tifato per cocozza e tifo anche per te
Ciao Uvetta,
bellissimo ricordo. Sono convinta che, quando i pensieri ritornano su passi apparentemente distanti, si trasformano in verità e testimonianze assolute. Infatti, abbiamo dei ricordi delle immagini sempre nette, capaci di racchiudere tutta la poesia del mondo. Come nel tuo racconto.
Passerò presto a trovarti, un bacione :-)
Emanuela
http://www.lattecondensato.com/it/
Che salto del cuore… Mi sono ritrovata nella tua manamma, affanata, di corsa, io portavo mio figlio a scuola dalle suore, lo accompagnavo con la cinquecento blu,quasi sempre in ritardo,arrivavo in ufficio già stanca.. Ho conservato il “cestino dell’asilo” rosso e blu non so per quanto tempo, ricordo ancora lo scervellarsi ogni giorno di infilare qualcosa di decente nella pietanziera (l’hai tenuta?!)..e mio figlio paziente, non si lamentava mai.
. Un giorno mi si avvicina titubante una mamma, timida mi chede “lei è la mamma di simone? mi dica come fa a fare l’uovo nella pietanziera? mio figlio lo vuole uguale a quello di simone, ma non so come cucinarlo..” Era l’uovo sodo..
E son passati quasi 30 anni……
Ti abbraccio e ti ringrazio per il tuo ricordo così affettuoso
bianca
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